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Investimenti finanziari
6 Minuti

Preoccupazione sì, ma nessuna crisi in vista

- Flossbach von Storch

Il gestore di portafoglio Michael Illig condivide le impressioni del suo recente viaggio negli Stati Uniti e spiega perché le aziende statunitensi di qualità restano importanti nonostante le turbolenze dovute ai dazi. 

 

Signor Illig, è stato recentemente negli Stati Uniti, ha partecipato a una conferenza tecnologica e visitato alcune aziende. Qual era l’atmosfera? 

La definirei prudente, ma assolutamente non negativa. Nonostante i frequenti riferimenti all’aumento dell’incertezza dovuto ai numerosi cambiamenti politici, quasi tutti i rappresentanti aziendali che ho incontrato hanno descritto il contesto attuale della domanda come ampiamente solido. 

 

Ha visitato aziende statunitensi anche lo scorso dicembre, subito dopo l’elezione di Donald Trump a presidente. Che impressione ha avuto rispetto alla volta precedente? 

A dicembre, molti rappresentanti aziendali esprimevano frustrazione per una politica economica democratica considerata molto interventista e ideologizzata. L’imprevedibilità di Trump era un tema costante, ma accompagnata dalla speranza di una linea più favorevole all’economia, che lasciava spazio a un certo ottimismo, quasi a un senso di nuova partenza. Questa volta il tono è stato più sobrio, anche se non pessimista. Penso che il motto inglese “Keep calm and carry on” descriva bene l’attuale atteggiamento delle aziende. 

 

Ad aprile, Trump ha imposto forti dazi alle importazioni statunitensi, poi rinviati per l’UE fino al 9 luglio. Come viene percepita la sua politica commerciale? 

I dazi sono una delle principali fonti d’incertezza per molte aziende. Tutti auspicano maggiore prevedibilità. Fanno eccezione forse solo i consulenti e fornitori di software, che traggono vantaggio dalla crescente complessità. Tuttavia, la maggior parte degli interlocutori ritiene che i dazi effettivi saranno molto inferiori a quanto inizialmente ipotizzato. 

 

Secondo lei, le aziende statunitensi evitano ormai di criticare pubblicamente il governo? 

Non voglio speculare, ma di fatto non ho sentito critiche dirette da parte dei dirigenti aziendali. 

 

Ci sono stati commenti positivi su Trump e la sua politica? 

La cautela era evidente in entrambe le direzioni. Si è evitato l’argomento politico, a eccezione di questioni concrete come i dazi o i tagli alla spesa. Opinioni più marcate le ho sentite da alcuni autisti Uber: alcuni ferventi sostenitori di Trump, che mi hanno presentato le sue politiche come soluzione ai, secondo loro, drammatici problemi dell’Europa. Altri, invece, – soprattutto ispanofoni – si sono detti molto preoccupati per la situazione. Pur essendo legalmente nel Paese, temono un cambiamento del loro diritto di soggiorno. Queste conversazioni riflettevano la forte polarizzazione della società e del dibattito politico, così come le posizioni contrastanti dei canali d’informazione che si percepivano facendo zapping in camera d’albergo. 

 

Molti esperti sono scettici nei confronti della politica doganale degli Stati Uniti. Alcuni si aspettano una recessione, qualora i piani tariffari venissero attuati così come inizialmente previsti. Come si sono espressi i rappresentanti aziendali sul contesto economico? 

I partecipanti alla conferenza tecnologica avevano naturalmente un’attenzione particolare rivolta al panorama IT. Le parole “incertezza” e “prudenza” erano sicuramente molto presenti, ma nessuno ha parlato di un serio calo degli investimenti nel settore. Il tono generale era che i progetti di trasformazione stanno proseguendo. In parte, l’urgenza percepita di modernizzare è stata considerata persino aumentata a causa del tira e molla sui dazi e dell’accresciuta incertezza geopolitica. Inoltre, si è notato un certo miglioramento in Europa, pur partendo da una base più debole rispetto all’anno precedente. 

 

Ha incontrato anche aziende industriali. Che impressioni ha avuto? 

Si è parlato di un leggero rallentamento, ma nessuno ha riportato un calo marcato in aprile. Le preoccupazioni su un brusco stop agli investimenti non sembrano, per ora, trovare riscontro. 

 

È rassicurante, ma non è rischioso avere oltre metà del patrimonio del fondo investito negli USA? 

Se i dazi venissero attuati integralmente, gli effetti economici sarebbero gravi. Tuttavia, riteniamo poco probabile questo scenario. Prevediamo invece dazi più alti del passato e continue tensioni commerciali, che peseranno sulla crescita ma non annulleranno i punti di forza dell’economia americana, che resta dinamica e ricca di aziende di successo. Tanto più che l’effetto non sarebbe limitato solo agli Stati Uniti: anche i Paesi con una forte quota di esportazioni verso gli USA sentirebbero il vento contrario. 

 

Ma dazi più alti significherebbero anche costi maggiori per le aziende statunitensi presenti nel vostro portafoglio e quindi comprimere i profitti. Non sono prospettive incoraggianti, o sbaglio? 

Si tratta indubbiamente di un fattore negativo che rallenterà la crescita globale. Tuttavia, è importante distinguere in modo accurato tra le singole aziende. Le imprese con un forte vantaggio competitivo e prodotti difficilmente sostituibili hanno maggior potere di determinare i prezzi. Siamo convinti che molte delle aziende presenti nei nostri portafogli sarebbero colpite solo in misura inferiore alla media da eventuali dazi. Inoltre, cerchiamo in generale di agire in modo equilibrato nella composizione del portafoglio, evitando dipendenze rigide e rischi di concentrazione. In questo contesto, la sede legale dell’azienda gioca solo un ruolo secondario. 

 

A fine maggio, circa il 60% del patrimonio del fondo era investito negli USA… 

… ma considerando il fatturato realizzato effettivamente negli USA, il peso è più vicino al 45%. Infatti, molte delle nostre aziende statunitensi operano a livello globale e non poche realizzano la maggior parte dei loro ricavi al di fuori degli Stati Uniti. Inoltre, attribuiamo grande importanza al fatto che le nostre aziende mostrino un’elevata capacità di adattamento e resilienza. Non solo grazie a una forte posizione competitiva, ma anche grazie ad altri fattori come un bilancio solido. In questo modo, dovrebbero essere in grado di affrontare anche una crisi economica più profonda o dazi più elevati senza trovarsi in pericolo di sopravvivenza. 

 

Non andare in crisi può aiutare nei momenti difficili, ma non sembra comunque allettante. 

Quella che ho descritto è solo la soglia minima. Un’azienda di alta qualità deve naturalmente avere anche buone prospettive di crescita degli utili nel lungo periodo e generare valore per i suoi azionisti. Ma affinché ciò sia possibile, deve essere in grado di superare battute d’arresto temporanee senza subire danni sostanziali. E indipendentemente dal fatto che siano già gli attuali eventi legati alla guerra commerciale o i conflitti geopolitici a rappresentare uno di questi ostacoli, è certo che la prossima crisi arriverà. Tali crisi non si possono evitare, e a mio avviso nemmeno prevedere. Tuttavia si può essere preparati, ed è proprio questo il principio che guida la nostra selezione aziendale. 

 

Quindi la qualità aziendale serve a ridurre la vulnerabilità alle crisi. Ma in fasi difficili per i mercati, anche i titoli di qualità crollano in borsa, come è avvenuto ad aprile. Come vive momenti del genere un gestore di portafoglio? 

È vero, in fasi del genere anche noi non siamo immuni da cali dei corsi. Tuttavia, nelle fasi di crisi più marcate, questi cali sono stati storicamente inferiori alla media. In fin dei conti, però, ciò che conta per noi non è la volatilità, ovvero le oscillazioni di breve periodo. Ciò che conta davvero è che queste oscillazioni temporanee non si trasformino in perdite di valore permanenti. Questo accade soprattutto quando le aziende subiscono danni strutturali, cioè quando la loro capacità di generare utili viene compromessa in modo duraturo. La conoscenza approfondita che abbiamo delle nostre aziende e il nostro giudizio sulla loro elevata resilienza ci consentono di affrontare le fasi di crisi con maggiore serenità. E questo ci facilita enormemente anche nel cogliere le opportunità che emergono.  

 

Perché questa resilienza facilita l’individuazione di opportunità? E ne avete colte anche durante la recente correzione di mercato? 

Ci è più facile concentrarci sulle opportunità quando non siamo troppo occupati a “spegnere incendi”. Se molte delle nostre aziende fossero in difficoltà a causa della crisi, saremmo completamente impegnati ad analizzare i danni e a prendere decisioni attive di vendita. L’elevata resilienza delle nostre aziende, invece, ci lascia più tempo per cercare quei casi in cui, come si suol dire, “si butta via il bambino con l’acqua sporca”: cosa che accade regolarmente durante le fasi di crisi sui mercati azionari. Se siamo convinti che le prospettive di redditività di un’azienda non si siano ridotte in modo significativo, ma che il prezzo delle sue azioni sia sceso notevolmente, troviamo buone occasioni per effettuare acquisti. È esattamente ciò che è avvenuto all’inizio di aprile, quando siamo stati relativamente attivi per i nostri standard: abbiamo incrementato alcune posizioni esistenti e aperto una nuova partecipazione.  

Quindi, l’instabilità porta anche opportunità. Grazie per la conversazione! 

Michael Illig gestisce il fondo azionario globale Flossbach von Storch – Global Quality. 

 

Disclaimer: 

Flossbach von Storch offre, oltre a fondi multi-asset e obbligazionari, anche fondi azionari. Il fondo Flossbach von Storch – Global Quality è pensato per investitori orientati alla crescita con un orizzonte temporale lungo (oltre cinque anni). 

Le opportunità e i rischi connessi al fondo Flossbach von Storch – Global Quality – R | WKN A3C9HB | ISIN LU2423020879, nonché le informazioni relative ai costi, sono disponibili consultando la documentazione del fondo Flossbach von Storch – Global Quality – R | WKN A3C9HB | ISIN LU2423020879. 

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