18.04.2023 -
Il 2022 è stato un anno turbolento. Sarà il momento della svolta? Proviamo a tirare le somme sul primo trimestre del nuovo anno – e a fare una previsione.
Per un breve periodo sembrava che i timori sul mercato dei capitali fossero acqua passata. Nelle prime settimane del nuovo anno i mercati azionari hanno messo a segno una solida ripresa, nella speranza che le dinamiche inflazionistiche cedessero il passo e che a breve le banche centrali avrebbero potuto allentare un po’ la presa.
L’euforia, però, è durata poco, dato che l’inflazione core (che cioè non considera energia e prodotti alimentari) si è rivelata sorprendentemente ostinata, raggiungendo provvisoriamente il valore record del 5,6% nell’Eurozona a febbraio. A marzo si sono aggiunti i timori sulla stabilità del sistema finanziario, dopo il fallimento della banca statunitense Silicon Valley Bank (SVB), prima, seguito a breve dall’acquisizione di emergenza gestita dallo Stato della grande banca svizzera Credit Suisse da parte della concorrente UBS.
Entro metà marzo, gli utili sui cambi delle prime settimane si erano già ampiamente dissolti. Dopo che, il 12 marzo, la Federal Reserve statunitense ha annunciato un ampio sostegno di liquidità per le banche, il timore di una nuova crisi bancaria si è attenuato e i “tori” hanno ripreso il sopravvento. A conti fatti, per le azioni il primo trimestre si è chiuso con un gradito +5,8% ( performance dell’indice globale azionario MSCI World, calcolato in euro).
Anche le obbligazioni hanno recuperato una piccola parte delle perdite dello scorso anno e hanno guadagnato il 22% (andamento dell’indice obbligazionario Bloomberg Global Aggregate TR con copertura in euro). Alla luce dei rischi di liquidità del sistema bancario e delle conseguenti difficoltà che le banche centrali devono affrontare per contrastare l’inflazione, l’oro si è dimostrato un bene rifugio. Il prezzo dell’oro è aumentato dell’8%, il che, calcolato in euro, si è tradotto in un +6,7%.
Che cosa comporterà tutto questo in futuro? Le recenti turbolenze del settore bancario hanno dimostrato che un forte e rapido rialzo dei tassi per combattere l’inflazione può portare a effetti collaterali indesiderati.
Le banche centrali si trovano di fronte al trilemma di dover perseguire contemporaneamente tre obiettivi, a volte in contraddizione tra loro. Se l’inflazione core durerà più a lungo di quanto attualmente ipotizzato, e se le banche centrali non rinunceranno all’obiettivo del 2%, saranno praticamente costrette ad alzare ancora i tassi. Bisogna mettere in conto che questo potrebbe portare a una recessione.
Se questo facesse oscillare la stabilità del sistema bancario, comportando il rischio di una crisi finanziaria diffusa, la lotta all’inflazione dovrebbe essere messa in secondo piano, almeno temporaneamente, a favore degli altri obiettivi. Sarebbe utile una migliore gestione del capitale proprio nelle banche, che renderebbe più resiliente l’intero sistema bancario e libererebbe le banche centrali dalla camicia di forza dei “salvatori a ogni costo”.
Poiché, tuttavia, questa soluzione sembra lontana, per il momento rimangono il modello del salvataggio ripetuto e il conseguente problema dell’azzardo morale. In questo scenario è importante proteggere il patrimonio sia contro l’inflazione che dalle possibili turbolenze del sistema finanziario. A nostro avviso, la miglior protezione a lungo termine contro l’inflazione è offerta dalle azioni di società redditizie e dall’oro. I titoli di Stato a breve termine con rendimenti privi di rischio intorno al 3% servono come soluzione temporanea e protezione contro i rischi.
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