04.05.2023 - Julian Marx

Sconfinamenti pericolosi


Sconfinamenti pericolosi

La Banca centrale europea (BCE) si è mossa più volte nella zona grigia del suo mandato. In passato la sua Presidente ha difeso la violazione delle regole. Come vogliamo continuare? 

Per ora proseguono nell'Eurozona i rialzi dei tassi di interesse, con i quali la Banca centrale europea (BCE) ha intrapreso una lotta contro l' inflazione che fatica a scendere. Il suo mandato più importante, stabilito nei trattati europei, è preservare la stabilità monetaria.

In quella sede sono stati delineati e legittimati rigidamente anche gli altri compiti e il funzionamento della Banca centrale. Ma le regole in vigore possono essere integrate da "soft laws" se in tempi di crisi si vogliono raggiungere degli obiettivi, sosteneva nel 2010, all'inizio della crisi greca, Christine Lagarde, laureata in legge e allora ministro francese dell'Economia e delle Finanze, invitando alla creatività nel salvataggio della Grecia. Alla fine, era arrivata persino ad ammettere che i politici avevano violato le regole. Si riferiva in particolare alla "clausola del no bail-out", secondo la quale né l'Unione europea (UE) né gli Stati membri dell'UE possono essere chiamati a rispondere del debito di un altro Stato membro. Di fatto, alla Grecia sono stati concessi prestiti per oltre 200 miliardi di euro, violando chiaramente questa regola.

La soluzione trovata

Ma la BCE ha chiuso tutti e due gli occhi anche quando nel 2012 la Banca centrale greca ha concesso importanti prestiti di emergenza alle banche greche. L'iniezione di liquidità è stata di oltre 100 miliardi di euro, pari a oltre il 50% del prodotto interno lordo (PIL) greco. I prestiti di emergenza erano previsti solo nel caso in cui un istituto di credito solvibile avesse problemi di liquidità. In Grecia i problemi di liquidità non interessavano singole banche, al contrario vi era un esteso problema di solvibilità che interessava l'intero panorama bancario greco. Nel 2012 circa il 30% dei prestiti concessi dalle banche greche era classificato come deteriorato. Questi prestiti di emergenza non avrebbero quindi dovuto essere concessi.

Il denaro è comunque arrivato, contribuendo in modo decisivo a far sì che le banche potessero soddisfare il fabbisogno di rifinanziamento a breve termine dello Stato greco. In questo modo, i banchieri centrali greci hanno contribuito indirettamente anche al finanziamento dello Stato, aggirando il divieto di finanziamento monetario dello Stato.

La Lagarde e la BCE non sono nuove quindi a spingersi ai limiti delle regole applicabili, e i loro percorsi sono tornati a intrecciarsi quando nel novembre 2019, quasi dieci anni dopo, Christine Lagarde è stata promossa a presidente della BCE. Che ruolo hanno oggi le regolamentazioni nei confronti della Banca centrale e della politica monetaria?

La BCE e gli stati

In questo momento alla BCE vengono mosse diverse accuse. Una critica riguarda il fatto che la Banca centrale riservi un trattamento preferenziale ad alcuni Stati membri, contribuendo così indirettamente al loro finanziamento pubblico. In particolare, sono oggetto di critiche il "Transmission Protection Instrument" (TPI), creato nel luglio dello scorso anno, e il reinvestimento improprio dei pagamenti provenienti dai riscatti nell'ambito del programma di acquisti per l’emergenza pandemica "PEPP".

La BCE non ha ancora utilizzato nella pratica il TPI, che in teoria dovrebbe essere in grado di impedire un eccessivo ampliamento dei differenziali di rendimento dei titoli di Stato in euro. Nel caso in cui la BCE giunga alla conclusione (soggettiva) che i rendimenti dei singoli paesi della zona euro sono eccessivamente elevati, può acquistarne a propria discrezione i titoli di Stato. A differenza dei precedenti acquisti di titoli da parte della Banca centrale, non è previsto sin dall'inizio un limite agli acquisti, i quali non sono peraltro basati sulla quota di partecipazione al capitale delle banche centrali nazionali dell'Eurosistema, che è determinato per metà in base alla popolazione e per metà in base al peso economico di un Paese.   

Anche nel programma di acquisti per l’emergenza pandemica è stato eliminato il collegamento alla quota di partecipazione al capitale. Se è vero che nell'ambito del PEPP non vengono effettuati acquisti netti, la BCE reinveste però all'occorrenza i riscatti in modo flessibile, con la possibilità quindi di influenzare ancora notevolmente il mercato. Di recente il portafoglio PEPP di titoli di Stato ammontava ancora a ben 1.600 miliardi di euro. A prima vista sembra esserci in effetti una preferenza per gli Stati altamente indebitati.

L'Italia, al secondo posto tra gli Stati dell'euro più indebitati con un rapporto debito pubblico/PIL del 144%, e la Spagna, al quarto posto con il 113% del PIL, hanno visto acquisti di titoli di Stato più che proporzionali da parte della BCE. Secondo la quota di partecipazione al capitale, l'Eurosistema avrebbe dovuto destinare ai titoli di Stato italiani poco meno del 17% del programma di acquisti PEPP. La quota effettiva è stata invece del 19,1%. Questo significa che sono stati investiti in titoli di Stato italiani quasi 2,2 punti percentuali in più rispetto a quanto effettivamente previsto. Anche la Spagna ne sta beneficiando. In questo caso, finora gli acquisti sono stati superiori di circa un punto percentuale rispetto a una distribuzione secondo la quota di partecipazione al capitale (vedi grafico). 

Per molti paesi più piccoli, come la Slovacchia, la Lituania o l'Estonia, gli acquisti di titoli di Stato nel programma PEPP ammontano a meno della metà rispetto a quanto avrebbero avuto diritto in base alla quota di partecipazione al capitale. I mercati dei loro titoli di Stato sono però relativamente ristretti e quindi poco liquidi. Pertanto, la BCE si rivolge a Stati membri altamente indebitati come la Spagna e l'Italia, per poter assorbire gli oltre quattro mila miliardi di euro che ha investito in titoli di Stato negli ultimi anni. A questo proposito, gli scostamenti osservati finora rispetto al principio della quota di partecipazione al capitale non mostrano una preferenza per singoli Stati membri.

Tuttavia, a febbraio 2023, l'Eurosistema deteneva, ad esempio, circa il 26% del debito pubblico italiano. Insomma, semplicemente non sembra sostenibile che un'istituzione a cui è vietato finanziare con la politica monetaria il debito pubblico detenga un quarto del debito di uno Stato membro così fortemente indebitato e che "limiti" i rendimenti dei suoi titoli di Stato con dichiarazioni su (possibili) ulteriori acquisti. Questo dà l'impressione che, proprio in un momento in cui si parla di una cauta riduzione del bilancio, la BCE si stia quantomeno muovendo sempre più nella zona grigia del suo mandato.

Serve maggiore trasparenza!

In ogni caso, lo scorso anno il bilancio della BCE ha toccato una cifra record, superando quota 8 mila miliardi di euro, pari a oltre il doppio del PIL della Germania e a più della metà del PIL dell'Eurozona. La Banca centrale è un attore importante sui mercati finanziari, che non si limita più a operazioni di mercato aperto a breve termine, ma che effettua anche investimenti a lungo termine.

Ma fino a che punto possono spingersi gli interventi sul mercato da parte di una Banca centrale? Rientra nelle competenze e nelle responsabilità delle autorità monetarie gestire per molti anni svariati miliardi di euro di investimenti in titoli? La BCE è anche responsabile della vigilanza bancaria e in futuro intende contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. L'espansione delle sue competenze non aumenta le possibilità di un conflitto di interessi?

Di fronte a domande come queste serve urgentemente un dibattito pubblico più ampio. È necessaria una regolamentazione sensata, in grado di resistere alle crisi. La fiducia nel nostro denaro non è gratuita, la trasparenza della politica monetaria dovrebbe quindi essere (ancora una volta) una priorità assoluta.

 

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