20.06.2023 -
Il motore economico tedesco arranca. Il prodotto interno lordo è calato per due trimestri consecutivi. Che cosa comporterà tutto questo per i mercati dei capitali?
In Germania, la crescita ha avuto un inizio di 2023 difficile. Dopo un -0,5% nel quarto trimestre del 2022, nel primo trimestre di quest'anno il prodotto interno lordo (PIL) reale della Germania si è contratto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente.
E questo fa notizia: due trimestri consecutivi di crescita economica negativa significa, infatti, recessione tecnica. Non solo la Germania, ma anche l'Eurozona si trova in recessione tecnica, dopo che la crescita ha segnato un -0,1% negli ultimi due trimestri. A questo si aggiunge la consapevolezza che il portafoglio di ordinativi del comparto dell'edilizia residenziale tedesca è tutt'altro che pieno: nel primo trimestre del 2023, il portafoglio ordini reale è diminuito di quasi il 22% rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente.
È quindi possibile che la congiuntura economica rimanga sotto pressione ancora per qualche trimestre. Gli investitori devono quindi preoccuparsi seriamente?
Una recessione tecnica non è una tragedia. Anche la più grande economia del mondo, quella degli Stati Uniti, ha avuto due trimestri consecutivi di crescita economica leggermente negativa, nella prima metà del 2022. Da allora, però, il PIL reale degli Stati Uniti è tornato a crescere, nonostante i significativi rialzi dei tassi di interesse operati dalla Federal Reserve. Non basta quindi un breve e moderato calo del PIL per innescare una vera e propria recessione.
Lo sa anche l'alto comitato del National Bureau of Economic Research (NBER), di cui faceva parte l'ex presidente della Federal Reserve nonché premio Nobel Ben Bernanke. Per questo motivo il NBER definisce le fasi della recessione statunitense basandosi su un ventaglio più ampio di criteri. Ad esempio, la recessione deve interessare tutta l'attività economica, e non un solo settore, il calo della produzione economica deve essere significativo e deve durare più di qualche mese. In una fase di recessione si osserva solitamente (a posteriori) un significativo aumento della disoccupazione (cfr. grafico 1).
Al momento però non ci sono (ancora) segnali di debolezza nel mercato del lavoro. Questo infatti negli Stati Uniti, fino a poco tempo fa, mostrava una grande solidità con un tasso di disoccupazione inferiore al 4%. Anche nell'Eurozona e in Germania i tassi di disoccupazione sono ai minimi storici, rispettivamente al 6,5% e al 2,9%.
Questo non esclude comunque la possibilità di un tonfo economico più pesante, perché il mercato del lavoro è un indicatore economico in ritardo. Per il momento, tuttavia, il reddito disponibile è ancora ampiamente stabile, e con esso anche la spesa per i consumi delle famiglie. La tensione del mercato del lavoro suggerisce inoltre che non si ripeteranno le perdite salariali reali legate all' inflazione registrate l'anno scorso.
In Germania sta diventando sempre più urgente il problema della carenza di lavoratori qualificati dovuta alla demografia. Negli Stati Uniti, durante la pandemia di Coronavirus, la domanda di lavoro è stata notevolmente superiore al numero di lavoratori disponibili, una situazione che persiste tuttora.
Da questo punto di vista, quindi, per molti lavoratori ci sono stati probabilmente tempi peggiori in termini di potere contrattuale ai fini della retribuzione. Anche perché durante la pandemia le imprese hanno compreso che le risorse umane non si possono sostituire tanto facilmente. Negli Stati Uniti, l'occupazione nel settore alberghiero e della ristorazione è ancora oggi leggermente inferiore ai livelli precedenti alla pandemia, anche se da allora le retribuzioni orarie medie sono cresciute di circa il 25%.
Consapevoli delle difficoltà di sostituire i propri lavoratori, in futuro le imprese potrebbero cercare di trattenerli, anche durante periodi di debolezza economica. E sostenere quindi così la domanda sul lato dei consumi. Qualunque cosa accada, l'attuale situazione del mercato del lavoro è eccezionale.
Anche l'andamento del prodotto interno lordo tedesco è inusuale. Mentre da una parte l'economia, corretta per l'effetto dell'inflazione, scivola in una recessione tecnica, il PIL nominale della Germania sta crescendo sensibilmente. Nel primo trimestre del 2023, il PIL nominale è cresciuto del 6% rispetto all'anno precedente (cfr. grafico 2).
Per un investitore questo significa: Con l'inflazione le imprese sono in grado di incrementare i fatturati e gli utili. Le azioni, i cui prezzi sono scambiati in termini nominali, offrono quindi agli investitori una protezione implicita dall'inflazione a lungo termine. Una considerazione in realtà abbastanza logica: dopotutto sono proprio le imprese a causare l'inflazione su larga scala con i loro aumenti di prezzi.
Naturalmente nessuno può prevedere con certezza l'andamento dell'economia a breve termine, e tanto meno l'andamento del mercato azionario. E se la politica monetaria fosse alla fine obbligata a mettere in ginocchio l'economia per rispettare il mandato della stabilità dei prezzi? E se i profitti delle imprese andassero in sofferenza a seguito di un crollo economico significativo? Ci sono buoni argomenti per investire in azioni anche in uno scenario di questo tipo. In questo caso, infatti, si sentirebbero gli effetti della politica monetaria.
Se infatti la politica monetaria raggiungesse il suo obiettivo di stabilità dei prezzi e i tassi d'inflazione scendessero sensibilmente, la pressione sulle quotazioni dei titoli azionari dovuta ai tassi d'interesse dovrebbe tornare a scendere. Quello che ieri era un fattore sfavorevole potrebbe trasformarsi domani in un fattore positivo. Quantomeno a nostro avviso, per gli investitori con un orizzonte d'investimento a lungo termine e disposti ad accettare oscillazioni temporanee dei prezzi, un portafoglio azionario di società ben gestite e redditizie rimane sempre un' opzione , in qualsiasi scenario.
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