28.03.2023 - Julian Marx

Preoccupazioni per i mutui sulle case


Preoccupazioni per i mutui sulle case

I tassi d’interesse nel settore immobiliare sono in aumento. Cosa significa per i proprietari di case e appartamenti che pagano regolarmente le rate di un mutuo? Un confronto a livello internazionale.

“In affari non esiste il passato”: conta solo il futuro. Il motto dello storico economista Eugen Schmalenbach ha ormai più di 100 anni, ma non è affatto superato, come dimostra uno sguardo al mercato immobiliare tedesco.

Se all’inizio del 2022 in media i costruttori di case in Germania pagavano a malapena l’1% di interessi l’anno per un mutuo decennale, ultimamente il tasso per i nuovi contratti si aggirava intorno al 4%. Un duro colpo per i finanziatori immobiliari e per chi desiderava una casa di proprietà e ha visto il suo sogno infrangersi miseramente. Nonostante gli ottimi risultati del primo trimestre 2022, sull’intero anno i nuovi ordini (reali) nell’edilizia residenziale tedesca sono diminuiti di circa il 17% rispetto al 2021. Un andamento osservabile anche in moltissimi altri paesi.

Ma quanto pesa l’aumento dei tassi d’interesse sui chi ha deciso di acquistare o costruire un immobile prima dell’inversione di tendenza dei tassi, cioè su tutti quelli che hanno già iniziato a pagare il mutuo sulla tanto ambita “casa di proprietà”? Si sono forse indebitati troppo e rischiano ora di arrancare per l’aumento dei tassi d’interesse immobiliari?

Mai fare di tutta l’erba un fascio

In molti paesi, l’incremento dei tassi immobiliari non rappresenta una minaccia immediata per la maggior parte dei proprietari che hanno contratto un mutuo. A dimostrarlo è l’andamento dell’onere medio degli interessi. Ad esempio, oggi il tasso d’interesse sui prestiti immobiliari in Germania, Francia e Stati Uniti è mediamente pressoché in linea con i livelli di fine 2021 (si veda Grafico).

 

Grafico 1 (fonte: Refinitiv, Flossbach von Storch, dati al 20 marzo 2023)
Grafico 1 (fonte: Refinitiv, Flossbach von Storch, dati al 20 marzo 2023)

In questi paesi, l’effetto ritardato dei tassi d’interesse è ascrivibile al fatto che in genere per l’acquisto di una casa vengono accesi mutui a lungo termine. Spesso, quindi, l’onere degli interessi aumenta solo dopo svariati anni (e per questo motivo in molti potrebbero non risentirne nemmeno, se i tassi dovessero tornare a muoversi in direzione opposta prima della scadenza del periodo a tasso fisso previsto).

I mutuatari statunitensi godono di periodi a interesse fisso particolarmente lunghi. Di recente la durata media di un mutuo immobiliare negli Stati Uniti era di circa 25 anni. Ma non è sempre stato così. Negli anni precedenti alla crisi dei subprime e del settore immobiliare statunitense, scoppiata nel 2007, c’era stato un periodo in cui fino al 40% dei mutui immobiliari veniva stipulato con un tasso d’interesse variabile. La situazione però è cambiata e oggi i proprietari di case statunitensi dimostrano una buona resilienza anche di fronte a un incremento dinamico dei tassi d’interesse come quello del 2022.

Forte aumento dell’onere da interessi in Norvegia

In alcuni paesi, però, l’aumento dei tassi immobiliari pesa molto di più sui proprietari. In Norvegia, in Svezia o in Italia, ad esempio, la quota di mutui a tasso variabile o con periodi a interesse fisso più brevi è di gran lunga maggiore. Di conseguenza, le famiglie norvegesi pagano in media un interesse di oltre il 4% sui loro mutui, con un incremento di circa due punti percentuali rispetto al dicembre 2021. Anche in Italia i costi annuali degli interessi sono saliti in media di quasi un punto percentuale. Problemi in vista quindi?  

La situazione in Norvegia è tutt’altro che incoraggiante, visto che gli interessi passivi sono addirittura raddoppiati nel giro di un anno. E alla fine del 2022 il debito totale delle famiglie norvegesi ammontava a circa il 250% del reddito disponibile – un record assoluto nel confronto internazionale. Questo rapporto però non va necessariamente interpretato come un rischio sistemico diretto per il sistema finanziario nazionale. Da un lato, infatti, in Norvegia gli interessi sui prestiti sono deducibili dalle imposte. Pertanto, ci sono meno incentivi a rimborsare i debiti immobiliari. Dall’alto lato, la Norvegia ha un asso nella manica unico: un gigantesco fondo sovrano con un volume di circa tre volte superiore al debito complessivo dei cittadini norvegesi. In caso di necessità, questo fondo da solo riuscirebbe a compensare tranquillamente uno squilibrio del mercato immobiliare.

Gli italiani invece non possono sperare in un massiccio sostegno da parte delle casse pubbliche in caso di emergenza. È pur vero che nel 2020, a pagare un mutuo immobiliare in Italia era solo l’11% delle famiglie, a fronte del 51% in Norvegia, del 23% in Francia e del 18% in Germania. Oggi già il 61% degli italiani vive in una casa di proprietà (pagata) – una quota che supera di molto quella della Norvegia (22%), della Francia (39%) e della Germania (26%). Questo è un bene e un male allo stesso tempo:

  • è un bene perché in Italia solo una piccola parte della popolazione (presumibilmente ad alto reddito) si trova ad affrontare l’aumento dei tassi d’interesse sui mutui;
  • ma è anche un male perché mette palesemente in luce la debolezza economica del paese. A gennaio 2023, il tasso di disoccupazione giovanile si aggirava intorno al 23%, ovvero fra i più alti nell’UE. Il prodotto interno lordo reale pro capite è stagnante dal 2000. Di conseguenza, è probabile che molte persone abbiano un accesso limitato ai mutui immobiliari e alcune non possano permettersi nemmeno un’abitazione in affitto a causa di un reddito troppo basso o instabile.

 

L’impatto degli interessi passivi

Il panorama del credito (immobiliare) è quindi estremamente eterogeneo. In alcuni paesi, l’aumento dei tassi immobiliari non solo fa lievitare i costi degli interessi sui nuovi prestiti e penalizza le attività di (nuova) costruzione, ma influenza nell’immediato anche gli interessi passivi sui mutui esistenti. È il caso dei paesi scandinavi, ma anche dell’Italia o della Spagna. In tal senso, l’aumento degli interessi passivi sta andando progressivamente a gravare sull’economia reale, avendo ridotto il potere d’acquisto dei proprietari immobiliari che pagano già un mutuo. In combinazione con la recente inflazione ostinatamente elevata, tutto questo si ripercuote sull’economia.

Secondo un sondaggio del National Institute of Economic Research svedese, le persone in Svezia non sono mai state così pessimiste. I prezzi delle case hanno reagito di conseguenza, scendendo a gennaio del 16% rispetto ai massimi raggiunti nel marzo 2022. Come se non bastasse, la banca centrale svedese ritiene molto probabile una recessione quest’anno.

Pertanto, l’impatto dei rialzi dei tassi d’interesse non va affatto sottovalutato. Anche in altri paesi le ripercussioni sull’economia reale saranno probabilmente notevoli. Il raffreddamento simultaneo dei mercati immobiliari e della domanda nell’economia reale ricorda per certi versi l’inizio della grande crisi finanziaria del 2008.

In realtà ci sono buone ragioni per credere che la storia questa volta non si ripeterà: in primo luogo, il raffreddamento attuale è stato intenzionalmente indotto dalla politica monetaria nel tentativo di tenere a bada l’inflazione. Alcuni danni collaterali, quindi, sono stati sicuramente messi in conto. Inoltre, la politica monetaria dispone ora di strumenti sufficienti per contrastare tempestivamente eventuali strozzature di liquidità nel sistema finanziario. In più, la dotazione di capitale delle banche è notevolmente migliorata dopo la crisi finanziaria.

Infine, è probabile che i mutuatari nelle grandi economie come Germania, Francia o Stati Uniti si dimostrino relativamente resilienti all’aumento dei tassi immobiliari, poiché i mutui esistenti applica

 

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