14.08.2020 - Bert Flossbach

Oro o denaro?


Oro o denaro?

Di recente il prezzo dell’oro è salito alle stelle, complici fra l’altro la politica monetaria espansiva e gli aumenti delle spese pubbliche. Il metallo prezioso dovrebbe proteggere il valore del capitale.

Dopotutto, il “grande crollo” nella crisi del coronavirus finora, fortunatamente, non è arrivato. I programmi di incentivo e stimolo economico varati dai governi hanno scongiurato il collasso dell’economia. Ma a quale prezzo? In tutto il mondo sono state approvate misure di politica fiscale con impatto sul bilancio per oltre cinquemila miliardi di dollari US, integrate da garanzie statali intorno ai 3.700 miliardi di dollari.

E all’occorrenza gli Stati sono pronti a stanziare altri fondi per finanziamenti a tasso zero grazie al basso livello dei tassi d’interesse. Risultato: impennata del debito pubblico a livelli record. Le banche centrali sono ormai prigioniere della loro politica ultra-accomodante sui tassi, condannate in eterno a rifornire il mondo di denaro a basso costo e prestare soccorso in caso di necessità.

Interessi? Ricordi d’altri tempi…

Sempre più investitori riconoscono che i tassi resteranno bassi a lungo e cercano di trovare soluzioni d’investimento alternative. La politica monetaria espansiva e le spese pubbliche straripanti porteranno probabilmente un ritorno dell’inflazione in un’ottica di medio termine. E a quel punto gli investitori dovranno proteggere i patrimoni da questo rischio, caduto nell’oblio ormai da tempo. L’asset class a nostro avviso più adatta per poterci riuscire al meglio, è quella delle azioni di società in crescita che presentano utili resilienti.

A luglio l’oro ha toccato un nuovo record storico (in euro). Ma non basta cercare di spiegare per intero tale fenomeno con la convinzione diffusa, che l'oro è il metallo “impermeabile alle crisi”. Il motivo va piuttosto ricercato nel fatto che le prevedibili conseguenze della crisi, in particolare il livello dei tassi ostinatamente basso e l’ondata di liquidità delle banche centrali, riportano all’ordine del giorno il tema dell’inflazione.

Domanda in crescita

L’oro è un attivo reale liquido e in quanto tale offre un’efficace protezione contro l’inflazione. Secondo i dati del World Gold Council, solo nel primo semestre 2020, gli ETF auriferi hanno acquistato 734 tonnellate del metallo giallo, superando il volume dell’intero 2009 che finora deteneva il record storico annuale. Questo dato riflette una crescente domanda degli investitori, probabilmente più legata alle conseguenze della crisi del coronavirus che non alla crisi in sé.

Il forte aumento dei debiti pubblici, il persistente contesto di tassi bassi e il potenziale ritorno dell’inflazione fanno dell’oro un “porto sicuro” interessante agli occhi di molti investitori. È molto interessante notare, anche se per niente sorprendente, che le riserve degli ETF auriferi sono aumentate in misura particolarmente consistente negli USA. I tassi statunitensi ai minimi storici e un debito pubblico a livelli più elevati che mai, hanno indotto tanto gli investitori privati quanto quelli istituzionali a fare incetta del metallo prezioso nonostante il recente rally sul mercato azionario.

Per noi, l’oro rappresenta una valida protezione contro l’inflazione ed eventuali crisi del sistema finanziario. Sul lungo periodo non ci si dovrebbe aspettare più che la conservazione del valore reale del capitale: nulla di più, ma anche nulla di meno.

 

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