29.10.2020 - Bert Flossbach

L’oro ha una doppia funzione di protezione


L’oro ha una doppia funzione di protezione

Dall’inizio dell’anno il prezzo dell’oro è aumentato notevolmente e la domanda è cresciuta, soprattutto tra gli investitori professionali. Il motivo sta nella particolare funzione dell’oro durante i periodi di crisi.

Da tempo l’oro non riscontrava un interesse così grande. Lo dimostrano soprattutto le quotazioni, che nella maggioranza dei casi hanno potuto beneficiare di un significativo aumento della domanda da parte degli investitori. Solamente nelle prime cinque settimane del terzo trimestre, le partecipazioni negli ETF sull’oro sono aumentate di quasi 200 tonnellate, raggiungendo circa 3.400 tonnellate e spingendo per la prima volta il prezzo del metallo giallo oltre la soglia dei 2.000 dollari l’oncia.

Al record di 2.075 dollari è seguita poi una correzione, che ha riportato la quotazione a poco meno di 1.900 dollari. Nonostante ciò, dall’inizio dell’anno alla fine del terzo trimestre il prezzo dell’oro è salito del 24% in dollari US e del 19% in euro.

L’oro in un contesto di tassi a zero

Resta da vedere se il significativo aumento della domanda di oro come forma di investimento, innescato dalla pandemia di coronavirus e ben visibile negli afflussi in ETF auriferi, sia indice di un corrispondente incremento delle aspettative di inflazione . È evidente però che dal 2016 – quando i titoli di Stato della zona euro hanno registrato per la prima volta rendimenti negativi – il volume degli ETF sull’oro è più che raddoppiato, passando da 1.500 a 3.400 tonnellate circa. Nello stesso periodo, il prezzo del metallo prezioso è salito di oltre il 40% (si veda Grafico).

A quanto pare, le quotazioni aurifere vengono positivamente influenzate dai tassi d’interesse bassi o addirittura negativi. Si sa bene che l’oro non corrisponde interessi attivi, ma d’altro canto non ne addebita nemmeno di passivi, se non si tiene conto dei costi di deposito (circa lo 0,1% l’anno). Mentre nel passato, il costo/opportunità di mancato guadagno di interessi rappresentava un onere per gli investitori in oro.

Oggi è esattamente il contrario, l’oro è ad esempio più redditizio di tutti i titoli di Stato tedeschi, il cui rendimento alla fine del terzo trimestre era compreso tra -0,76% (titoli con scadenza a tre anni) e -0,11% (titoli con scadenza a trent’anni). Quanto ai Treasury statunitensi anche la loro attrattività rispetto all’oro non fruttifero di interessi è scesa a un minimo storico, sebbene offrano rendimenti ancora leggermente superiori allo zero.

La doppia protezione dell’oro

Rendimenti così bassi dimostrano che il mercato obbligazionario non si è ancora lasciato condizionare dai timori inflazionistici. Se così fosse, infatti, gli investitori nei Bund tedeschi difficilmente accetterebbero una perdita nominale garantita del 5% in dieci anni o ne subirebbero una complessiva del 3% nel 2050, con un’obbligazione trentennale. A nostro avviso è pressoché impossibile che l’acquisto di tali titoli e la loro detenzione a scadenza possa superare un investimento in oro, pur senza interessi.

Si potrebbe naturalmente replicare che una deflazione duratura trasformerebbe i rendimenti nominali negativi in rendimenti reali positivi, rendendo le obbligazioni più allettanti dell’oro. Tale scenario però, implicherebbe una crisi economica globale e il crollo dei sistemi di sicurezza sociale. Di conseguenza questa argomentazione potrebbe essere scartata in quanto di validità puramente teorica o addirittura costituire un’ulteriore motivazione per investire in oro.

Il metallo giallo svolge quindi una doppia funzione di protezione: sia dall’inflazione che dalla sua assenza.

 

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