06.06.2023 - Flossbach von Storch

«L'India è in rapido sviluppo»


«L'India è in rapido sviluppo»

L’indebolimento dell'economia cinese rappresenta un'opportunità per l'India. Intervista al gestore di fondi Michael Altintzoglou sulle prospettive per gli investitori.

 

Signor Altintzoglou, lei gestisce un portafoglio di azioni dei mercati emergenti. Qual è l'umore negli Emerging Markets in questo momento?

Purtroppo, non si può dare una risposta generale: ci sono culture molto diverse, così come lo sono i mercati e le economie. Se prendiamo come esempio la Cina possiamo osservare che a maggio il mercato azionario ha registrato un ulteriore significativo ribasso e la ripresa economica è meno dinamica di quanto si aspettasse. Molti consumatori stanno frenando la spesa per consumi e aumentando, invece, la quota di risparmio. Naturalmente, anche la politica mondiale ha un ruolo importante: le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono, infatti, ai minimi e pesano negativamente sul mercato azionario.

 

Lei è appena stato in India. Qual è la sua impressione di questo Paese?

Visitiamo regolarmente le aziende in cui vogliamo investire e i nostri colloqui sono stati molto positivi. Negli ultimi anni l'India ha realizzato progressi tangibili.

 

Può farci qualche esempio?

L'India ha 1,4 miliardi di abitanti, che sono più di quanti ne abbia la Cina. La piramide demografica e la crescita della forza lavoro sono molto favorevoli e l'età media è di circa 28 anni. Pertanto non vediamo in futuro un problema demografico analogo a quello cinese. L'India è oggi la quinta economia mondiale, davanti alla Gran Bretagna, e secondo il Fondo Monetario Internazionale potrebbe raggiungere il terzo posto entro cinque anni.

 

La ripresa economica sta raggiungendo le persone?

Non ancora in maniera sufficientemente ampia. Il prodotto interno lordo è infatti ancora molto basso, pari a 2.500 dollari USA pro capite, ma il trend è in crescita.

 

In futuro il Paese diventerà un partner economico più interessante per l'Occidente?

Pensiamo di sì. Ma occorre fare una distinzione: l'India ha ancora un peso limitato come mercato di vendita per i prodotti di fascia alta. Come luogo di produzione, invece, essa sta acquisendo sempre maggiore peso, a complemento della Cina. Secondo le stime, su un totale di 200 milioni di iPhone, l'anno scorso ne sono stati prodotti 6,5 milioni in India. Il prossimo anno questa cifra potrebbe salire a 15 milioni di unità. Oltre al produttore conto terzi Foxconn, sono sempre più i fornitori che decidono di insediarsi in India. Questo vale anche per le aziende del settore delle specialità chimiche, dell’hardware informatico, dell’elettronica, dell’automotive e della farmaceutica.

 

In futuro l'India potrà sostituire la Cina come principale polo produttivo mondiale?

È un traguardo ancora lontano. Per ora, l'India è soprattutto un complemento della Cina, e non diventerà un'alternativa nel prossimo futuro. Il Paese sta comunque beneficiando in grande misura dalla volontà di un numero crescente di aziende di diversificare le loro catene di fornitura. Inoltre, gli incentivi economici messi a disposizione dal governo indiano, che punta anche ad aumentare la quota di beni prodotti localmente e ad aumentare la creazione di valore, sono allettanti.

 

Ma l’India ha un grandissimo bisogno di investimenti.

È vero. Ma è impressionante lo sviluppo che sta avendo il Paese, soprattutto rispetto a cinque o sei anni fa. Ogni anno vengono costruiti ben 12.000 chilometri di nuove autostrade. Per fare un paragone, questa cifra corrisponde alla lunghezza dell'intera rete autostradale tedesca. Inoltre, nei prossimi anni verranno investiti nelle infrastrutture l'equivalente di altri 1.400 miliardi di dollari USA. Dall'insediamento del Primo Ministro Narendra Modi, sono stati messi in funzione 74 nuovi aeroporti e negli ultimi nove anni sono stati costruiti tanti aeroporti quanti ne erano stati costruiti nei 65 anni precedenti.

 

Al contempo, però, sta salendo anche il debito pubblico.

Nell'anno fiscale in corso, il programma di investimenti dello Stato dovrebbe costare circa 120 miliardi di dollari, pari a circa il 3,3% del PIL, un record storico. C'è però una differenza rispetto a molti Paesi occidentali: il deficit di bilancio viene utilizzatoprevalentemente per investimenti in infrastrutture. Esso viene quindi investito nel futuro e non utilizzato per trasferimenti pubblici alla popolazione.

 

Questo sviluppo si riflette anche sul mercato azionario?

L'andamento dei prezzi dei mercati azionari regionali non procede di pari passo con lo sviluppo economico di un Paese. Di recente si sono verificate alcune difficoltà, ad esempio, a causa del rialzo dei tassi d'interesse statunitensi e della maggiore avversione al rischio verso le azioni dei mercati emergenti. Sono state lanciate anche accuse di vendere allo scoperto per danneggiare il gruppo indiano Adani, solo per citare alcuni esempi.

 

Tuttavia, recentemente i relativi indici hanno mostrato una certa resistenza.

L'indice azionario indiano Nifty 50 scambia in questo momento a circa 18.500 punti, solo il 2% circa al di sotto del massimo storico. Nell'ultimo anno e mezzo si è mosso però solo in laterale. Tuttavia, grazie alla forte crescita degli utili, negli ultimi tempi diverse azioni sono diventate molto più interessanti. Attualmente il mercato scambia a 18 volte gli utili societari attesi per i prossimi 12 mesi, praticamente il livello medio degli ultimi dieci anni.

 

Pensa che l'India non dipenda più dagli investitori stranieri come in passato?

Sì. Oltre ai miglioramenti macroeconomici e alle positive prospettive di crescita degli utili, sta crescendo costantemente la base di investitori locali. Questi afflussi di capitali, che sono abbastanza costanti, rappresentano un fattore di stabilizzazione. Un buon esempio è il cosiddetto "Systemic Investment Plan", che prevede l’investimento automatico di una certa quota del reddito mensile corrente dei lavoratori dipendenti in fondi di investimento. Questo produce flussi positivi che equivalgono oggi a più di 1,5 miliardi di dollari USA al mese.

 

Il suo bilancio sull'India è positivo. È quindi opportuno investire in questo Paese una quota maggiore del patrimonio?

Purtroppo, investire denaro non è così semplice. Almeno secondo la nostra opinione, gli investitori dovrebbero concentrarsi soprattutto sulle buone aziende. Ci sono buone aziende in molti Paesi, anche in India. Preferiamo azioni di qualità di società con bilanci solidi e modelli di business interessanti, che promettono rendimenti interessanti e prevedibili nel futuro. Vale poi in definitiva il principio: non bisogna mettere tutte le uova in un paniere. Non è opportuno che tutti i titoli di un portafoglio provengano dagli Stati Uniti o dalla Germania. Allo stesso modo, non bisogna puntare tutto su singoli mercati emergenti.

 

Grazie per la disponibilità! 

 

 

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