08.08.2023 - Sven Langenhan

Investire, non speculare


Investire, non speculare

Gli interessi sono tornati, e fin qui è una buona notizia. Alcuni investitori, però, stanno assumendo rischi imprevisti lasciandosi peraltro sfuggire un certo potenziale di rendimento. 

A volte l’euforia è una cattiva consigliera. Questa è una regola d’oro che vale tanto nella vita quanto negli investimenti. I tassi d’interesse sono tornati e questa è un’ottima notizia per molti risparmiatori: gli investimenti sono tornati a generare rendimenti, anche se in realtà gran parte dei libretti di risparmio e dei depositi a vista o a termine continua a produrre rendimenti negativi in termini reali (ossia al netto dell’inflazione).

Oggi ci sono molti investitori che puntano su singole obbligazioni pensando di conseguire rendimenti interessanti con il classico approccio “buy & hold”. Ma attenzione: in realtà non è così semplice. Le strategie di investimento nel reddito fisso – quelle valide – possono essere molto complesse se si vogliono cogliere tutte le opportunità offerte da un contesto di mercato in costante evoluzione, contenendo al contempo gli eventuali rischi.

Innanzitutto, infatti, si pone un problema di ordine pratico. La gamma di obbligazioni disponibili (che siano anche appetibili) per i clienti privati è assai limitata. Le migliori offerte prevedono spesso importi minimi di sottoscrizione molto elevati, anche a sei o più cifre. Per i piccoli investitori, ma anche per i grandi investitori privati, risulta quindi impossibile diversificare il rischio (aspetto importantissimo!) inserendo in portafoglio un gran numero di obbligazioni di diversi emittenti. E concentrare gli investimenti in una manciata di singoli titoli significa incorrere ben presto nei cosiddetti rischi di accumulo.

Inoltre, nella prassi, agli investitori privati manca spesso la necessaria flessibilità per poter reagire alle condizioni (ancora) in rapida evoluzione del mercato dei tassi d'interesse. Gli investitori professionali che gestiscono ingenti somme (come, ad esempio, i gestori di fondi obbligazionari attivi) hanno invece margini di manovra decisamente maggiori. Possono quindi sfruttare in modo flessibile le numerose componenti di rendimento nel mercato obbligazionario e generare così un cospicuo valore aggiunto nel tempo.

La flessibilità ripaga sempre

La flessibilità è un fattore chiave soprattutto in un contesto di grande turbolenza sul fronte dei tassi d’interesse come quello attuale. Nella loro lotta contro l’inflazione, le banche centrali stanno “navigando a vista” in funzione dei dati. In altre parole, le loro decisioni sui tassi rischiano continuamente di spiazzare i mercati, innescando di conseguenza forti oscillazioni dei prezzi. Gli investitori privati possono quindi trovarsi a subire perdite anche consistenti se non riescono a resistere alle pressioni negative sui mercati e sono costretti a vendere le obbligazioni a un prezzo ampiamente inferiore. Infine, nei periodi difficili, manca spesso la convinzione necessaria a cogliere le opportunità che comunque si presentano.

Altri fattori che possono compromettere il successo di un investimento, oltre alle decisioni delle banche centrali, sono le variazioni nella solvibilità degli emittenti e molti altri movimenti sui mercati, come ad esempio i mutamenti nel contesto dei tassi d’interesse o le fluttuazioni dei cambi. La diversificazione , cioè la distribuzione dei rischi su più segmenti e singoli titoli, è quindi determinante per il successo non solo degli investimenti azionari ma anche di quelli obbligazionari.

I gestori attivi di fondi d’investimento hanno la flessibilità necessaria per sfruttare al meglio le numerose componenti di rendimento offerte dalle obbligazioni. L’importante, almeno dal nostro punto di vista, è puntare su una strategia d’investimento pragmatica ponderando costantemente i rischi e le opportunità. Quanto ai rischi di credito, per poterli individuare servono, a nostro avviso, controlli capillari che comportano un gran dispendio di tempo e risorse. Per questo motivo i nostri analisti studiano a fondo i singoli emittenti e le singole obbligazioni prima di ogni potenziale acquisto.

La pazienza ripaga sempre

Un approccio d’investimento attivo offre la prospettiva di conseguire rendimenti aggiuntivi nel tempo. Ciò vale peraltro sia in determinate fasi di rialzo dei tassi d'interesse sia, in modo ancora più marcato, in fasi di calo dei tassi. Per inciso, “nel tempo” non significa automaticamente “in ogni momento”. Anche il mercato dei tassi d’interesse è infatti caratterizzato da fluttuazioni e battute d’arresto, come accaduto nel 2022, l’anno della storica inversione dei tassi d’interesse.

Ad ogni modo, una cosa è certa: le performance passate non sono una garanzia per il futuro. In un contesto di mercato dinamico è difficile fare previsioni concrete sui rendimenti e non esistono garanzie. Tuttavia, un buon indicatore del risultato minimo che un gestore attivo dovrebbe raggiungere è il tasso d'interesse "privo di rischio". Oggi, ad esempio, investendo in titoli di Stato tedeschi e liquidità si riesce a guadagnare più del 3% su base annua: è questo il metro di paragone da adottare per giudicare la gestione di un fondo.

E non conta solo il rendimento: per molti investitori, l’effetto di diversificazione delle obbligazioni in un portafoglio con un buon mix è almeno altrettanto importante. Questo fattore di compensazione può tornare a funzionare (anche grazie al significativo aumento dei tassi di interesse) quando la situazione si fa più turbolenta in altri mercati (ad esempio in quello azionario). Ma solo a condizione che la funzione di diversificazione sia perseguita con coerenza e che il portafoglio obbligazionario sia gestito attivamente.

 

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