26.10.2023 - Bert Flossbach

Il ritorno delle obbligazioni


Il ritorno delle obbligazioni

I rendimenti delle obbligazioni sicure sono saliti significativamente negli ultimi tempi, anche per le scadenze più lunghe. Analisi del contesto e delle conseguenze per gli investitori.

Gli investitori iniziano a prepararsi a un periodo prolungato di rialzi dei tassi d'interesse più elevati. Nelle loro proiezioni di settembre, i componenti della Federal Reserve statunitense prevedono che i tassi di interesse di riferimento rimarranno sopra il 5% fino alla fine del 2024.

Queste proiezioni si basano sull'ipotesi che serva ancora tempo affinché i livelli attuali dei tassi dispieghino i loro effetti di rallentamento sull'economia e sull' inflazione . Questo ci dovrebbe spingere a prevedere un raffreddamento dell'economia globale, viste le previsioni di effetti simili in Europa e visto che anche l'economia cinese ha registrato un rallentamento della crescita. Inoltre, l'aumento dei tassi di interesse riduce le possibilità di spesa per consumi e di investimento.

È interessante osservare il forte rialzo dei rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza, che normalmente scendono quando peggiorano le prospettive dell'economia. A quanto pare, cresce il numero di investitori che ritiene che un rallentamento dell'economia non sia necessariamente associato anche a un calo significativo dell'inflazione, motivo per cui tornano a chiedere tassi più elevati per le scadenze più lunghe. Negli ultimi tempi l’inversione della curva dei tassi inversa (con le scadenze brevi che presentano rendimenti più elevati di quelle lunghe) si è quasi "normalizzata".

I titoli di Stato USA offrono rendimenti positivi in termini reali

Questo ha portato anche un miglioramento del rapporto rischio/rendimento delle obbligazioni a lungo termine. Con un rendimento di poco inferiore al 5%, i rendimenti dei titoli di Stato decennali statunitensi sono ai massimi dal 2007, e persino la variante protetta dall'inflazione offre un interessante tasso d'interesse reale del 2,4%. Nell'Eurozona, il mondo delle obbligazioni sembra un po’ meno attraente, almeno per quanto riguarda i titoli di Stato sicuri.

Sebbene di recente il rendimento dei Bund tedeschi a dieci anni abbia sfiorato il 3%, rimane l’interrogativo se potrà battere l'inflazione nei prossimi anni. Questo è possibile con i "Bund" decennali protetti dall'inflazione, ma il tasso di interesse reale offerto, pari allo 0,5%, è piuttosto modesto rispetto al passato o alle obbligazioni statunitensi.

Il fatto che il rendimento dei titoli di Stato statunitensi sia elevato rispetto ai titoli di Stato dell'Eurozona è un fatto interessante da notare, in quanto da oltre 15 mesi l'inflazione negli Stati Uniti è più bassa di quella dell'Eurozona.

Non contano solo i tassi

Se investono in obbligazioni statunitensi, gli investitori dell'Eurozona devono tuttavia considerare ene, allora non pubblico nulla. anche il rischio di cambio, dove però sembra piuttosto improbabile assistere a una debolezza prolungata del dollaro. Rispetto alla Banca Centrale Europea (BCE), la Federal Reserve (Fed) statunitense ha un maggior margine di manovra nella lotta all'inflazione, in quanto non deve tenere conto delle diverse sensibilità dei vari Paesi che partecipano alla moneta comune.

Inoltre, anche la dipendenza dalle importazioni di materie prime e di energia e l’andamento demografico dei Paesi dell'area dell'euro fanno pensare che l'inflazione sarà strutturalmente più elevata rispetto agli Stati Uniti. Il futuro politico è pieno di grandi incognite, ma questo vale sia per l'Europa che per gli Stati Uniti.

Alcuni titoli di Stato dell'Eurozona presentano oggi rendimenti simili a quelli degli Stati Uniti. I titoli di Stato italiani a dieci anni (BTP) rendono attualmente quasi il cinque per cento. Le varianti con protezione dall'inflazione offrono un rendimento reale di circa il 2,7%. Gli alti rendimenti italiani sono determinati dai rischi legati all'elevato debito e al crescente disavanzo dell'Italia.

Sostegno della banca centrale

In ultima analisi le obbligazioni italiane rimangono attrattive finché rimane valida la promessa dell'ex presidente della BCE Mario Draghi di fare tutto il necessario per preservare l'euro. Questo include inevitabilmente preservare anche la solvibilità dell'Italia, che con quasi 2.900 miliardi di euro ha il secondo debito più alto della zona euro e deve pagare già oggi circa 90 miliardi di euro di interessi.

Con il suo programma TPI (Transmission Protection Instrument), per cui non sono previste limitazioni in termini quantitativi, la BCE è teoricamente in grado spegnere qualsiasi incendio nell'Eurozona.

Se i rendimenti in Italia dovessero tornare ai livelli della crisi del 2011-2012 (all'epoca erano del 6-7%), probabilmente la BCE interverrà verbalmente o con massicci acquisti di obbligazioni per spingere nuovamente al ribasso i rendimenti.

Ma ci sono opportunità di crescita del valore reale con l’obbligazionario anche fuori dall’Italia. Nel caso delle obbligazioni protette dall'inflazione, questa crescita è addirittura garantita alla scadenza. Tuttavia, anche queste obbligazioni presentano rischi di prezzo qualora prosegua il rialzo dei rendimenti.

Nel complesso, i rendimenti obbligazionari più elevati sono finalmente tornati a dare flussi di ricavi prevedibili, che almeno in singoli segmenti di mercato sembrano interessanti, ma che, se si escludono i titoli di Stato federali a brevissima scadenza, non sono privi di rischio.

 

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