20.05.2021 - Flossbach von Storch

“Emergenti: molti modelli di business interessanti”


“Emergenti: molti modelli di business interessanti”
Michael Altintzoglou

Il Covid-19 non ha risparmiato i paesi emergenti. Tuttavia, specialmente in Asia, molte aziende stanno approfittando della crescente digitalizzazione. Un’intervista a Michael Altintzoglou, gestore del fondo Flossbach von Storch – Global Emerging Markets Equities.

Signor Altintzoglou, in alcuni paesi emergenti la gente ha sofferto molto per la pandemia. Eppure i mercati azionari hanno registrato guadagni talvolta anche molto elevati. Qual è il motivo?

In molti paesi i sistemi sanitari non erano abbastanza preparati. Spesso i lockdown hanno provocato un blocco quasi totale dell’economia, il che inizialmente ha comportato drastiche svalutazioni sui mercati azionari regionali. Al crollo però ha fatto presto seguito una rapida ripresa, tanto che già la scorsa estate i prezzi erano tornati ai livelli di inizio anno.  Nel quarto trimestre c’è stato poi il rally di fine anno, anche se nel frattempo il sentiment sulle borse era nuovamente cambiato.

Le borse hanno registrato anche un calo dei prezzi?

Sì, a livello mondiale le aspettative inflazionistiche a lungo termine sono aumentate, trascinando con sé i tassi d’interesse. Questa dinamica ha penalizzato soprattutto le azioni di società con rendimenti stabili e calcolabili e quelle in forte crescita. Praticamente i titoli in cui investiamo noi. Inoltre, alcune società cinesi hanno avuto dei problemi con le autorità di regolamentazione. Ma noi siamo investitori a lungo termine e quindi consideriamo le fasi di mercato come quella attuale molto convenienti, perché offrono opportunità di acquisto. Al momento troviamo modelli di business piuttosto interessanti nei mercati emergenti.

Ad esempio?

La pandemia ha accelerato la tendenza preesistente alla digitalizzazione. Durante un lockdown, la gente passa molto tempo su Internet – in Germania, Italia, come in India o in Cina. Peraltro molte persone nei paesi emergenti sono più aperte alle possibilità offerte dal Web, anche in virtù della struttura demografica più giovane di queste nazioni. Le persone lì acquistano più spesso online e quando possibile fanno uso dei sistemi di e-learning, servizi in streaming e videoconferenze. A nostro avviso, il ricorso sempre più frequente alle tecnologie innovative sarà un fenomeno duraturo.

A tutto vantaggio delle aziende che offrono queste tecnologie. Ma queste realtà non si trovano soprattutto negli Stati Uniti?

Non solo. Prendiamo ad esempio la Cina. Dopo la crisi finanziaria, l’attenzione del governo si è spostata dalla quantità alla qualità della crescita. Pechino ha investito molto nella formazione, promuove la produzione di circuiti integrati e ha già ampiamente sviluppato la rete 5G. Inoltre, dal 2014, le aziende cinesi spendono molto di più in ricerca e sviluppo rispetto alle controparti nell’UE. Ultimamente questi investimenti sono saliti a 616 miliardi di dollari e sembrano destinati a superare anche quelli delle aziende statunitensi. 

E arriva anche ai cittadini?

A quanto pare sì. Dalla crisi finanziaria, l’e-commerce in particolare ha acquistato molta importanza in Cina. Se un’azienda soddisfa i gusti dei consumatori, il potenziale è enorme. Il fatturato del commercio online cinese rappresenta oltre un quarto delle vendite al dettaglio totali. Lo scorso anno, le piattaforme di Alibaba hanno gestito merci per oltre 1.000 miliardi di dollari. La concorrenza straniera è tagliata fuori: nessuno dei colossi di Internet americani è mai riuscito a prendere realmente piede in Cina. In più ora ci sono provider di servizi cinesi molto popolari, che si occupano addirittura di fissare gli appuntamenti dal parrucchiere o di prenotare un tavolo al ristorante. In questo modo, quasi automaticamente sono diventati sempre più comuni anche i pagamenti cashless. A nostro avviso, i gestori di queste piattaforme hanno un enorme potenziale perché i loro modelli di business sono facilmente scalabili, il che permette di accrescere rapidamente le quote di mercato.

Questi gestori hanno il potenziale per affermarsi come futuri leader del mercato mondiale e tenere testa a colossi come Amazon?

Il potenziale c’è, anche se i mercati interni sono molto grandi. Inoltre ci sono concorrenti interessanti anche nei mercati emergenti meno sviluppati, dove il consumo mobile sta generalmente aumentando di pari passo con la diffusione dei cellulari. Al momento i provider stanno sviluppando le reti negli Stati insulari del sud-est asiatico. La stessa tendenza si osserva in Sud America, dove lo shopping avviene sempre più spesso online. Quando poi si tratta di pagamenti cashless o giochi in rete, i mercati emergenti sono in netto vantaggio.

Dalle nostre parti, molti genitori ritengono che i videogame siano pericolosi. In Europa, i giochi videogiochi sono criticati anche perché possono causare dipendenza.

Può essere. In Asia però, i videogame sono ritenuti dei veri e propri sport, con tanto di campionati in stadi dedicati e premi in denaro talvolta molto generosi. Dal 2022, gli Sport elettronici rientrano addirittura fra le discipline olimpioniche dei Giochi asiatici, il che apre a sua volta nuove opportunità di investimento.

Nel portafoglio ponete attenzione al rispetto dei criteri di sostenibilità?

La sostenibilità è profondamente radicata nel nostro processo d’investimento ed è un tema particolarmente rilevante proprio nei paesi emergenti. Ecco perché non scendiamo a compromessi quando si tratta di selezionare le aziende, anche se i sistemi di valutazione sono spesso difficili da confrontare e i giudizi generici non aiutano.

Come procedete concretamente?

Siamo fermamente convinti che nei mercati emergenti la massima priorità vada attribuita alla “G” dell’acronimo, ovvero alle strutture di governance dei governi e delle aziende (due dimensioni che naturalmente possono essere anche correlate). In tal senso sono imprescindibili il rispetto dei principi dello stato di diritto e la protezione delle libertà individuali e dei diritti di proprietà. Essenziali sono anche condizioni politiche stabili, mentre la corruzione e l’incertezza politica minacciano le prospettive di crescita di un paese. Un governo dovrebbe sempre dimostrare chiaramente la propria volontà di agire in modo responsabile.

Ci sono dei paesi che escludete in particolare?

Preferiamo non investire, ad esempio, in Russia e al momento siamo preoccupati anche per le sorti della Turchia. È allarmante quando il governo interferisce nell’economia e nella politica monetaria per mantenere il potere personale.

Escludete anche delle aziende?

In alcuni paesi lo Stato esercita il suo influsso anche a livello aziendale, motivo per cui investiamo con molta prudenza nelle società a controllo statale. Nella maggior parte dei casi, infatti, sono realtà meno produttive e più inclini alla corruzione rispetto alle società private. Ma una buona governance è importante anche nelle aziende private. Pretendiamo organi di controllo indipendenti e informazioni sui sistemi di incentivazione. Inoltre deve esserci la massima trasparenza riguardo a eventuali situazioni di mancata indipendenza. In Corea del Sud, ad esempio, ci sono realtà di fama mondiale, ma queste strutture conglomerate, chiamate “chaebol”, hanno ancora molto da migliorare in fatto di corporate governance .

 

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