22.02.2023 - Thomas Lehr

Azioni statunitensi in vantaggio


Azioni statunitensi in vantaggio

Negli ultimi mesi, molti mercati azionari europei hanno superato le azioni statunitensi. Un fenomeno che, a nostro avviso, non può durare a lungo: ecco perché. 

Da qualche mese, l’indice azionario tedesco Dax continua a superare l’omologo statunitense S&P 500 in termini di performance . L’andamento del Dax è ancora più impressionante se confrontato con quello dell’indice statunitense prettamente tecnologico Nasdaq 100. Un quadro che attualmente si può riscontrare in diversi indici azionari europei. È quindi possibile che la storica superiorità del mercato azionario statunitense faccia ormai parte del passato? La marea sta cambiando e il mercato azionario statunitense si sta rivelando per ciò che effettivamente è, ovvero troppo costoso? 

Sono domande che ultimamente ci sentiamo rivolgere spesso. La nostra risposta è: meglio andarci piano con queste ipotesi! È vero che, in base allo S&P 500, la media delle azioni statunitensi è più costosa rispetto alla media dei titoli tedeschi, come rilevato dal Dax, ma certamente ci sono valide ragioni.  

Raddoppio degli utili a ogni decennio  

Esiste soprattutto una differenza strutturale in termini di crescita media degli utili. Per le 500 società la cui performance si riflette nell’indice S&P, gli utili sono aumentati a una media di lungo periodo intorno al 7% l’anno. In altre parole, sono raddoppiati mediamente ogni dieci anni circa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.  

Quanto al Dax, invece, l’attività di moltissime aziende dipende dalla congiuntura più di quanto non accada per i componenti dello S&P 500. Gli utili delle società cicliche incluse nel Dax sono soggetti ad ampie fluttuazioni e quindi anche la curva dell’indice non è sempre in salita.  

Oggi a nostro avviso vale la pena scavare più a fondo nel mercato statunitense. Dopo tutto, si dice spesso che la performance dello S&P 500 sia guidata esclusivamente da pochi “pesi massimi”. Ecco perché sarebbe più sensato un confronto con lo S&P 500 Equal Weight. Infatti, sebbene anche questo indice rifletta la performance delle stesse 500 società, ognuna è inclusa nella valutazione con una quota pari a un cinquecentesimo dell’indice, a prescindere dalle dimensioni, cioè dalla capitalizzazione di mercato. 

Sovrapponendo i grafici di entrambi gli indici, la performance del mercato azionario statunitense può essere suddivisa in due temi strutturali. Da un lato, negli ultimi decenni abbiamo assistito a un rialzo sostenuto delle azioni statunitensi e dei relativi utili – un’ascesa forte e stabile che si riscontra anche nell’indice S&P 500 Equal Weight. È evidente quindi che l’indice non è guidato solo dalle cinque maggiori società, ma dall’intero mercato. Ed è esattamente per questo che le azioni statunitensi sono spesso presenti nei portafogli da noi gestiti: tra i criteri d’investimento per noi più importanti figurano infatti la stabilità e la forza degli utili societari. 

Dopo il fervore tecnologico 

Nell’ambito di questo trend strutturale, emerge una seconda tendenza iniziata intorno al 2019. Grazie all’ottimo andamento dei prezzi dei pesi massimi dell’indice, lo S&P 500 ha cominciato a superare il suo equivalente ponderato. La pandemia ha impresso ulteriore slancio a questa dinamica, che però si è bruscamente interrotta alla fine del 2021. Da allora, lo S&P 500 Equal Weight ha colmato il divario che si era nel frattempo creato.  

Un motivo è da ritrovarsi nella correzione dei titoli tecnologici – proprio quelli che hanno contribuito alla “sovraperformance” dell’indice ponderato per il mercato, ossia lo S&P 500 tradizionale, tra il 2019 e la fine del 2021. Dal novembre 2021, sia i pesi massimi che, in modo ancora più drastico, i cosiddetti titoli di “second’ordine” hanno subito una flessione.  

Al contempo, i titoli ciclici apparentemente convenienti si sono ripresi. Poiché queste azioni hanno spesso un rapporto prezzo/utili (in genere stimati su dodici mesi) a una cifra, mentre il loro rapporto prezzo/valore contabile è basso e/o il rendimento da dividendi è elevato, vengono solitamente definite titoli “value”. Un esempio lampante sono le società del settore energetico.  

Gli indici Europei sono stati avvantaggiati da questa rotazione, in quanto contengono un numero di gran lunga maggiore di società fortemente dipendenti dalla congiuntura, rispetto ai “beneficiari della digitalizzazione”. 

In altre parole, la recente “sovraperformance” dell’Europa non riflette tanto una rottura strutturale né andrebbe interpretata troppo frettolosamente come l’inizio di una fase di recupero per le azioni europee. Al contrario, se la paura di una recessione indotta da una politica monetaria più restrittiva si concretizzerà, i titoli ciclici ne risentiranno fortemente.  

Da alcuni mesi, inoltre, le aziende europee non possono più contare nemmeno sul supporto di un euro debole, che soprattutto nel 2022 ha funto da freno per le società statunitensi. È quindi probabile che, presto o tardi, il “rapporto di forza” torni alla normalità.    

 

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